XIII Domenica A

Mt 10, 37ss

Nell’ultima parte del discorso missionario, Gesù si sofferma sulla dignità e sull’accoglienza dei suoi discepoli.

Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Niente deve trattenere il missionario, non i legami di parentela né l’attaccamento alla propria vita: egli deve lasciare che Gesù agisca attraverso di lui.

Gesù non chiede di odiare i propri familiari e nemmeno di trascurarli: chiede di corrispondere in modo degno al suo amore.
All’amore di un genitore, filèo, corrisponde l’amore del figlio, così come all’amore del figlio corrisponde l’amore del genitore.
Ma all’amore di un Maestro che è disposto a perdere la vita per il suo discepolo, agapào, deve corrispondere l’amore del discepolo che è disposto a perdere la vita per il suo Maestro.
In questa esigenza di Gesù di essere amato al di sopra di tutto risuona l’esigenza dell’amore di Dio, che include ogni altro amore senza svuotarlo.

Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Questo detto di Gesù ricorre più di altri in tutti i Vangeli e perciò è quello che meglio di ogni altro caratterizza il suo insegnamento: la vita non è un tesoro da custodire gelosamente, ma un dono da ricevere da Dio e rendere a Lui stesso con gratitudine.

Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Al tempo di Gesù vigeva lo statuto dell’inviato, per cui chi è inviato è come colui che lo invia.
Gesù ne assume il principio e lo riferisce ai suoi discepoli missionari: accogliere il discepolo missionario è accogliere Gesù che continua a venire nella venuta dei suoi inviati.

L’accoglienza verso i discepoli di Gesù si può esprimere in varie forme, da quelle più semplici a quelle più impegnative, ma, trattandosi di una testimonianza di fede in Cristo, essa promette una ricompensa che va oltre la riconoscenza umana.
È la ricompensa di cui parla Gesù nella parabola del giudizio finale: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere.

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