Storia del territorio

La storia di Vernole ha inizio intorno alla metà del III millennio a.C., in quel periodo che oggi definiamo Eneolitico (o Età del rame), quando le genti del posto sfruttarono delle piccole cavità naturali, nei pressi dell’odierna Acquarica,  Specchia Spacuseddu per seppellire i propri cari e tramandare alle generazioni future il loro concetto di vita e di morte. Queste tre tombe a grotticella, scavate negli anni ’50 e site nei pressi della Chiesa della Madonna del Buon Consiglio, lungo la strada che porta da Acquarica a mare, sono la testimonianza più antica di questo territorio.

Un territorio abitato da genti che, consapevoli delle enormi risorse che questo poteva offrire, lo scelsero come luogo abitativo sin dal XVI sec. a.C., durante la Media Età del Bronzo. E’ a questo periodo, infatti, che risale l’imponente abitato protostorico in zona Lafranca, a ridosso dell’abitato di Acquarica, lungo la strada per Vanze. Il sito di località Lafranca è completamente circondato da una cortina muraria di forma ellissoidale (quasi circolare), la quale risalta immediatamente poiché nettamente differente dal reticolo di muretti a secco circostanti. E furono proprio le genti che abitarono in questo villaggio (oggi visibile ma non ancora indagato) a lasciarci testimonianza del proprio culto dei morti: tra Vanze e Acquarica, 12 tombe a tumulo o “specchie” vennero scoperte e scavate negli anni ’50, tombe a cista dolmenica delle quali ancora due sono oggi visibili, Specchia Spacuseddu e Specchia Petruse, entrambe localizzate a poche centinaia di metri a Est dell’abitato di Acquarica di Lecce. A questo stesso periodo fanno riferimento anche i menhir (o pietrefitte) rinvenuti nel territorio di Vernole, dei quali quello meglio conservato e ancora oggi visibile è il Menhir Mater Domini a Pisignano, un lungo parallelepipedo a base rettangolare, confitto al suolo (pietrafitta), con le facce più larghe orientate da nord a sud, dal significato probabilmente religioso o funerario.


I MESSAPI

Da questi lontani antenati vennero poste le basi per una nuova società, che oggi possiamo riscoprire grazie ai ritrovamenti di Pozzo Seccato, nei pressi di Acquarica. Pozzo Seccato è una masseria fortificata di epoca messapica (IV sec. a.C.), dove sono ancora ben visibili un muro di fortificazione con un ripieno di pietre a secco e “foderato” da grandi blocchi di calcare squadrati, un edificio residenziale, piccole officine artigianali, una grande torre a due piani dalla quale si arrivava con lo sguardo fino al mare, un granaio e una strada lastricata. Ancora immersa in un paesaggio agricolo, con ulivi, pajare e muretti a secco, non differisce molto da quello in cui vivevano i Messapi (un’antica popolazione italica stanziatasi in un territorio compreso tra la Murgia meridionale e il Salento. Le prime attestazioni della civiltà messapica risalgono all’VIII secolo a.C.). Le possenti mura di cinta e la torre di vedetta erano testimonianza di un’incombente minaccia nemica. La Masseria fortificata, proprietà dei ricchi signori del tempo, venne abbandonata intorno al I sec. a.C.


L’ETA’ ROMANA

San Lorenzo

Ma il territorio di Vernole non aveva ancora esaurito le sue risorse: è probabilmente al I-II sec. d.C. che risale il più antico impianto di un edificio oggi conosciuto come Chiesa di San Lorenzo, sito lungo la strada che da Vernole conduce ad Acquarica, alle spalle dell’odierno campo sportivo. E’ proprio da questa zona che passavano, in epoca romana, i viandanti che da Lecce si recavano ad Otranto, percorrendo la via Traiana (oggi obliterata da una moderna strada poderale che tuttavia ne conserva il tracciato pressoché originario) che, dopo aver attraversato Valesium, giungeva a Lycia (Lecce), non lontana da Rudiae, e, proseguendo, toccava Lupiae Marittima (Roca) e procedeva per Hydruntum (Otranto). Era questa chiesetta (il nome di san Lorenzo compare solo in epoca normanna) che fungeva da stazione di ristoro e di preghiera per i pellegrini, e fu proprio intorno a questa chiesa che sorse il primo fuoco dell’abitato di Vernole.


IL MEDIO EVO

I primi documenti scritti risalgono ad epoca normanna, ai secoli XI e XII. Ed è proprio da qui che riparte la storia archeologica del territorio di Vernole, quando, nel 1115, venne donato al vescovo di Lecce, Formoso Lubelli, metà del Casale di Vernole, comprendente San Lorenzo, Bance (Vanze) e Segine (Acaya). Dai documenti del 1115 si ha inoltre notizia dei casali Pisiniani (Pisignano), Strute (Strudà) e Acquarica. Come “casali” erano dunque classificati allora questi nostri centri, ossia “gruppetti di case” con poche famiglie e solo qualche decina di abitanti.

Il successivo dominio degli angioini (XIII-XIV sec. d.C.) vede un passaggio di questi piccoli casali da un possidente feudatario a un altro, in una storia fatta da potenti signori, rappresentanti del potere regio ed ecclesiastico, che si avvicendavano nel possesso dei vari feudi, imponendo tasse e prestazioni ai propri sudditi in cambio di una esosa protezione politica, giuridica, militare ed amministrativa.


IL RINASCIMENTO

E’ il 1500, il Rinascimento, che vede la naturale evoluzione di questi “casali” in veri e propri borghi. E’ il secolo delle grandi innovazioni, della rinascita ideale delle popolazioni, che ci fa riscoprire la porta monumentale di Vanze (fine XV sec. d.C.), il Castello di Acquarica (XVI sec. d.C.) e la successiva grandiosa esperienza rinascimentale di Acaya (XVI sec. d.C.).


LE MASSERIE FORTIFICATE E I PAGLIARI

Pagliaro

Altra caratteristica del territorio di Vernole è determinata dalla presenza di numerose masserie fortificate. Dal XIV secolo e fino all’800, si fortificano con alte mura di cinta, solide porte d’ingresso, ponte levatoio, fossati, case massicce ed alte torri fornite di caditoie, feritoie, garitte, da usare come posti di osservazione e di difesa dalla minaccia dei Turchi prima e dei predoni locali poi. Le masserie fortificate diventano, così, dimora e centro di tutte quelle attività agricole che si svolgevano nel latifondo. All’interno del territorio vernolese sono presenti 19 masserie fortificate.

Il pagliaro (pagghiaru) è la più tipica manifestazione architettonica locale, sorta nel XVII secolo d.C. e ancora oggi ben evidente nelle campagne del territorio. Gli strati di pietre poggiano su uno strato anulare sottostante, restringendosi progressivamente di circonferenza fino a stabilire una apertura minima dove poggia una specie di cupola a forma conica. Per unire le pietre non si usava nessun cemento o malta. Per fissarle bene una all’altra si usava una pietra che aveva la funzione di martello.

Numerosissime sono, inoltre, sul territorio, le presenze di antichi manufatti necessari alla trasformazione dei prodotti agricoli: i frantoi ipogei per la spremitura delle olive, i palmenti per la produzione del vino e i molini per macinare i cereali.

Architettura sacra

Chiesa parrocchiale di Maria Santissima Assunta

La chiesa Matrice di Maria Santissima Assunta fu costruita sulle rovine di un precedente edificio nel 1730. Fu consacrata nel 1748. Il campanile è del 1740. La facciata principale, tripartita da due trabeazioni orizzontali, è riccamente decorata seconda i canoni tipici del Barocco leccese. Nella parte inferiore possiede tre nicchie con le statue in pietra dei Santi Oronzo al centro, Giusto e Fortunato ai lati. La parte superiore, con al centro un finestrone finemente lavorato, ha sui lati altre due nicchie con le statue allegoriche della Speranza e della Carità; l’ultima statua situata sul punto più alto della facciata rappresenta la Fede. Il campanile è del 1740. L’interno, con pianta a croce latina a navata unica, conserva altari barocchi scolpiti tra il 1731 e il 1748. Sulla sinistra si trovano gli altari di san Francesco Saverio e di sant’Oronzo, mentre sulla destra gli altari in onore dei santi Donato e Vito e della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. L’altare più antico è quello custodito nel transetto di sinistra e dedicato a Santa Maria delle Grazie, il transetto destro ospita invece l’altare della Natività e quello dedicato al Santissimo Sacramento. Nel 1930 è stato aggiunto, sul lato destro, un cappellone in cui sono conservate le statue dei protettori sant’Anna e san Gioacchino[11][12].


Cappella di Sant’Anna

La chiesa di Sant’Anna venne edificata tra il 1673 ed il 1680 per mezzo dell’interessamento del curato don Gervasio Sansonetti. Costruita interamente in pietra leccese, presenta una facciata semplice e lineare con una sola trabeazione che la divide in due sezioni: la fascia inferiore è scandita da quattro paraste scanalate sormontate da capitelli in stile corinzio e contiene il portale d’ingresso, affiancato da due nicchie vuote disposte una per lato. Nella fascia superiore si aprono tre archetti traforati che riprendono in parte la decorazione della finestra a vetrata della sezione inferiore. L’interno, con una pianta ad aula unica rettangolare, contiene l’altare principale addossato alla parete. Decorato secondo lo stile barocco di fine Seicento, tra le sue colonne tortili è inserita come pala d’altare una copia dell’originaria tela raffigurante sant’Anna trafugata nel 1991.


Chiesa rettoriale della Visitazione

Di questa chiesa si parla in un archivio parrocchiale del 1641, in cui si afferma che fungeva da chiesa parrocchiale. Tale affermazione con molta probabilità è da riferirsi limitatamente a qualche breve periodo, nel quale la chiesa principale fu chiusa per lavori di manutenzione e ristrutturazione. Sull’architrave della porta laterale è incisa la data 1600. Essendo posizionata su un lieve rialzo del terreno, la cappella era anticamente chiamata col nome di Madonna del Monte. La facciata, terminante con un timpano spezzato triangolare, si compone di un semplice portale posto in asse con una piccola finestra. Durante la metà del XVIII secolo la chiesa subì molti cambiamenti che ne rivoluzionarono completamente l’aspetto. L’interno è a una sola navata con un unico altare ospitante al centro un affresco del 1645 della Madonna col Bambino. Nel fregio della cimasa dell’altare è inserita una piccola tela raffigurante la Visitazione, con Maria ed Elisabetta.


Cappella dell’Incoronata

La chiesa di Maria Santissima Incoronata fu costruita tra il 1698, come attesta la data sul portale d’ingresso, e il 1704. Fu edificata su commissione di don Giuseppe Pascali e Damiano De Carlo sul sito in cui fu rinvenuta una sacra immagine della Madonna dipinta su pietra. La facciata, priva di timpano, è suddivisa in due ordini da una cornice marcapiano. Nella fascia inferiore, scandita da quattro paraste con capitello ionico che proseguono anche sul livello superiore ma con capitello corinzio, si apre nella parte centrale il portale decorato con motivi floreali baroccheggianti, inquadrato da un cartiglio con un’iscrizione in latino contenente sia la dedicazione alla Vergine sia l’anno di costruzione, sovrastato a sua volta dal fregio vescovile di Fabrizio Pignatelli. Lateralmente ad esso, sono collocate due nicchie vuote definite da un fregio floreale che termina nella parte inferiore con il viso di un angelo. Al di sopra della trabeazione è collocato un finestrone incorniciato da un lavoro di intaglio e affiancato da due iscrizioni in latino contenute in cartigli. L’interno, a pianta rettangolare, possiede tre altari barocchi. Quello maggiore, dedicato alla Madonna Incoronata, contiene la pala raffigurante la Titolare, inquadrata lateralmente da due colonne tortili a motivo floreali e putti e da una iscrizione latina contenente la data di fine costruzione dell’altare. Gli altri due altari, inseriti in due delle sei cappelle laterali, sono dedicati alla Madonna di Leuca e all’Immacolata, quest’ultimo edificato nel 1745.


Cappella di San Lorenzo

La chiesa di San Lorenzo è la testimonianza più antica dell’originario Casale di Vernole, situata nei pressi del cimitero comunale. A questa chiesa è legato anche l’antico nome del casale, chiamato appunto Casale San Lorenzo. Attestata già nel 1115, in epoca normanna, nel luogo in cui forse sorgeva il primo nucleo abitativo di Vernole, si presenta abbandonata e diroccata. La chiesa, ricostruita nel 1662, possiede una facciata a capanna con un semplice portale d’ingresso posto in asse con una piccola finestra.


Altre cappelle

Cappella della Madonna del Buon Consiglio – 1806

Cappella della Madonna di Roca – 1953


Architetture civili

Palazzo Baronale

Il Palazzo Baronale fu edificato tra il 1762 e il 1766, come si evince dalle date riportate su due architravi delle finestre. L’edificio è a due piani, con colonne incastonate agli angoli, fornite di capitello floreale. Sul piano superiore, in posizione centrale, si trova una larga porta con relativo balcone e quattro finestre ai lati, decorate con motivi floreali. Il cornicione è lineare. La sua principale caratteristica è l’ampio portale in bugnato. Il palazzo appartiene alla famiglia Bernardini.


Colonna votiva di Sant’Anna

La realizzazione della colonna risale alla fine del XVIII secolo ed è dedicata a sant’Anna, protettrice di Vernole. Fu ultimata nel 1781. La scultura, realizzata interamente in pietra leccese, è composta da un basamento di forma ottagonale arricchito dalle statue di San Giuseppe Patriarca, San Paolo, Sant’Oronzo e Santa Irene. Sulla sommità è posta la statua di Sant’Anna, volgente lo sguardo verso la chiesa omonima.


Frantorio ipogeo Caffa

Il frantoio ipogeo “Caffa” risale al XVI secolo. È scavato interamente nel banco roccioso di piazza Vittorio Veneto. Conserva ancora torchi e macine che venivano utilizzate per la lavorazione delle olive. Il frantoio rimase in attività sino agli ultimi anni del XIX secolo. Il 17 dicembre 1885 venne acquistato dal Comune di Vernole per favorire la riqualificazione dell’area. Nei primi anni del XX secolo venne abbandonato e nel 1930 fu interrato in seguito alla pavimentazione dell piazza. Il 7 novembre 1995 venne riportato alla luce con lo scopo di avviare gli interventi di recupero. Il 29 giugno 1998 iniziarono i lavori di restauro, ultimati il 16 luglio 1999.


Aree naturali

Riserva statale naturale Le Cesine

La Riserva naturale statale Le Cesine, situata a ridosso della costa adriatica, rappresenta una delle ultime zone paludose che in passato si estendevano da Otranto a Brindisi. Il nome Cesine deriva deriva da seges che significa zona incolta e abbandonata. Nell’insieme la Riserva è costituita dalle dune, l’area palustre, la pineta, la macchia e la zona coltivata. L’oasi è stata istituita nel 1978 a seguito della dichiarazione di interesse internazionale con la convenzione firmata a Ramsar. Nell’oasi vi sono due stagni Salapi e Pantano Grande, alimentati dalle piogge, che sono separati dal mare da un cordone di dune sabbiose. L’Oasi è gestita dal WWF. La superficie boscata è fondamentalmente rappresentata da pineta a pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e pino domestico (Pinus pinea). La fauna è composta da anfibi, rettili e da numerose specie di uccelli che popolano i diversi ambienti della Riserva nei diversi periodi dell’anno.


Situazione socio-ecclesiale

La comunità parrocchiale di Vernole consta di circa 800 famiglie, per un totale di poco meno di 3000 abitanti.

Come tutte le comunità cristiane, anche quella vernolese reca l’impronta ricevuta dalle guide spirituali che si sono avvicendate nel tempo.

Divenuto parroco nel 1965, don Sandro Dell’Era ha guidato la comunità vernolese fino al 2001, aiutandola ad assimilare il nucleo del magistero conciliare sulla attiva partecipazione alla Liturgia e sull’importanza della S. Scrittura nella vita personale e comunitaria. Con il suo stile pastorale asciutto ed essenziale, ha educato il popolo a lui affidato, riuscendo a sfrondare la pietà popolare da elementi folkloristici e ridondanti.

Il suo ministero pastorale,  durato 36 anni, ha tracciato un solco su cui si sono inseriti, ciascuno con i propri doni,  i suoi successori: don  Fernando Doria (2001 – 2006) e don Elio Quarta (2006 – 2015).  Grazie all’impulso di don Fernando, la comunità parrocchiale vernolese si è aperta in modo più deciso alla nuova ecclesiologia di comunione e alla proposta formativa di nuovi movimenti ecclesiali.

Don Elio ha assecondato per nove anni il breve ma intenso operato del suo predecessore.

Ad oggi la comunità vernolese chiede di essere aiutata a perseguire una più matura coscienza ecclesiale e a camminare in piena comunione con la più grande comunità diocesana.

Dal punto di vista socio-culturale Vernole risente, forse più di altri centri vicini, della negativa congiuntura economica e della penuria di durature prospettive di sviluppo economico.

Costretti a cercare lavoro fuori, i giovani lasciano la comunità con il conseguente invecchiamento anagrafico, testimoniato dal clamoroso calo della natalità, e con l’inevitabile impoverimento culturale.

La gravità di questa situazione chiede un intervento lungimirante capace di far leva sulla cooperazione dei piccoli centri in cui è frammentato il territorio del comune.

In tale contesto, la parrocchia si sente chiamata a dare risposte concrete, e in particolare, a dare il suo peculiare contributo nella rigenerazione spirituale di un tessuto sociale che rischia di essere schiacciato dalla rassegnazione e dal pessimismo. Non è un compito facile ma la disponibilità di alcune risorse personali e associative fa ben sperare.

 

A Vernole opera la congregazione delle Povere Figlie delle Sacre Stimmate, ospite della Fondazione L. Margiotta, presso cui in passato ha diretto un orfanotrofio femminile e una scuola materna privata (Via Cap. Ramirez – 73029 Vernole (LE) – Tel. 0832892290).