Lectio SS. Trinità Anno A

Gv 3, 16ss

A Nicodemo, che era andato a trovarlo di notte, per confidargli la sua stima, Gesù annuncia che è disposto a rendere testimonianza all’amore di Dio fino alle estreme conseguenze: Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
L’evangelista interpreta questa necessità in termini di amore: Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Questa frase, scolpita nella roccia, riassume tutto il messaggio della Redenzione.

Il mondo non indica semplicemente la dimora degli uomini, ma l’umanità peccatrice, spinta lontano da Dio, e che pure lo cerca nel profondo del suo essere.
L’amore di Dio per il mondo si è manifestato in un evento storico: Dio ha dato al mondo il Figlio Unigenito, a Lui strettamente unito e amato sopra ogni cosa.
Lo scopo dell’atto d’amore di Dio è dare al mondo la vita eterna, preservandolo dalla rovina in cui si trova. La rovina, infatti, pende sul mondo ed esso può sottrarvisi solo se riconosce e accoglie il Figlio donato da Dio.

Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui.
La missione del Figlio di Dio nel mondo mira esclusivamente alla salvezza: Dio vuole la salvezza del mondo, non la sua rovina, vuole la salvezza di tutti, non di una parte privilegiata.
Il dono decisivo dell’amore di Dio mette l’uomo nella condizione di credere oppure no nel Figlio, di scegliere oppure no il Figlio, ma in base alla fede ovvero all’incredulità nei riguardi del Figlio si compie, fin da ora, il giudizio.

Chi crede non è condannato; chi non cede è già stato condannato.
Dio non vuole affatto giudicare, ma salvare. Se tuttavia si arriva al giudizio, la colpa è degli uomini che non credono al Figlio suo.
Con la sua libera decisone, l’uomo incredulo toglie a se stesso l’ultima possibilità di sfuggire al regno della morte.
Ad ogni modo, per l’incredulo la porta è ancora aperta: dipende da lui se e per quanto tempo egli resterà nella sfera della morte e del giudizio.

Il giudizio che subentra con l’incredulità non esclude il giudizio futuro, perché la decisione che prende colui che non crede sarà confermata nel giudizio finale. Allora il Giudice sovrano metterà a nudo ciò che l’uomo è nel profondo del suo essere: se la sua esistenza è caduta nella morte oppure no.

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