tratto da portalecce.it

Per troppo tempo la Chiesa ha custodito gelosamente il libro delle Sacre Scritture, forse per timore che potessero moltiplicarsi le eresie.

 

 

 

Con il Concilio ecumenico Vaticano II, la chiesa ha messo la Bibbia nelle mani di tutti i fedeli e la preghiera della Lectio divina, che per secoli è stata appannaggio dei monaci e dei chierici, ora è auspicata per tutti i fedeli, con le attenzioni che sono dovute al Libro sacro.

Si può pregare in molti modi: uno di questi è la Lectio divina, la lettura della Bibbia.

La Bibbia infatti è un libro ispirato da Dio, un libro che presta al Signore le parole con cui parlare a chiunque lo legge, così che leggere la Bibbia è stabilire un rapporto personale con Colui che ci parla attraverso il Libro sacro.

Lectio divina è sinonimo di ascolto. E l’ascolto non s’improvvisa, come testimonia l’esperienza del profeta Samuele, raccontata nel Primo libro di Samuele (2).

Anche il profeta Elia ha dovuto distinguere la presenza del Signore tra vari fenomeni (3).

Tutti possono leggere la Bibbia, ma la Lectio divina richiede alcuni presupposti.

Il primo è la fede. L’autore di ogni libro sacro ha scritto la sua opera sotto l’ispirazione dello Spirito santo e, perciò, le parole umane da lui scritte sono il veicolo della Parola di Dio per l’umanità.

Il secondo è l’unità dei due testamenti. Lo Spirito che ha ispirato il NT è lo stesso che ha ispirato l’AT. Perciò il senso dell’AT si può cogliere solo alla luce del suo compimento che è avvenuto nella morte e risurrezione di Gesù.

Il terzo è la comunione con la chiesa. È la chiesa che ha riconosciuto i libri ispirati da Dio. È sempre la chiesa che interpreta correttamente ogni libro sacro. Per questo si può leggere la Bibbia solo all’interno della comunità ecclesiale, nella comunione con la chiesa.

Il quarto è la disponibilità personale a cambiare il proprio modo di pensare e di vivere. Il Signore infatti si rivela a ciascuno di noi nella misura della nostra disponibilità a rinunciare alla nostra autosufficienza e ad accoglierlo.

Il quinto è il dono dello Spirito santo. Il senso delle SS. Scritture è un segreto che conosce solo lo Spirito santo e che lo Spirito rivela a chi vuole, quando vuole.

  1. Lectio

La prima fase o gradino della Lectio divina è la lettura del testo sacro.

Ora la Bibbia non è stata scritta ieri: risale almeno a venti secoli fa, per non parlare dei libri più antichi dell’AT.

Questo significa che, per comprenderla, non possiamo accontentarci di una semplice lettura.

La lettura spirituale del testo biblico deve partire dal suo significato letterale, altrimenti si farà dire al testo quello che conviene, quello che serve per confermare le proprie decisioni, quello che si adatta ai propri schemi mentali (4).

Un grande atto di umiltà è di avvalersi di quegli studi che cercano di cogliere il senso storico- letterale del testo biblico, cioè di capire chi l’ha scritto, quando l’ha scritto, a chi l’ha scritto, perché e come l’ha scritto.

La scienza ermeneutica cerca appunto di costruire un ponte tra noi e l’autore umano del testo sacro, per consentirci di renderci contemporanei al suo lavoro: con l’aiuto della scienza possiamo, e dobbiamo, incamminarci su questo ponte.

L’impegno non deve scoraggiarci, perché abbiamo sempre tempo per approfondire la nostra conoscenza. La cosa più importante, all’inizio, è non lasciarsi appesantire da una vita disordinata e custodire la purezza del cuore, che sola ci predispone a cogliere la Parola che il Signore vuol dire a noi.

Quale che sia la nostra preparazione culturale, il primo suggerimento è considerare il testo come un tessuto.

Come un tessuto è composto da tanti fili intrecciati tra di loro, così il testo biblico è composto da tanti elementi collegati tra di loro: all’interno di un periodo ci sono le proposizioni; all’interno di una proposizione ci sono soggetto, verbo e complemento.

Si tratta di individuare anzitutto la proposizione principale di un periodo, cioè la frase principale.

All’interno della frase principale la nostra attenzione si deve soffermare sul verbo, per scoprire come esso collega tra loro i vari termini. Infine ci dobbiamo concentrare su ogni termine chiave della frase, per coglierne il senso, il contenuto.

Il secondo suggerimento è individuare come l’autore sacro ha costruito il suo testo.

Più leggiamola Bibbia e più ci rendiamo conto della varietà dei testi in essa contenuti: ci sono parabole, racconti di vocazione, racconti di miracoli, discorsi, istruzioni, semplici detti attribuiti a Gesù.

In genere i racconti di miracoli prevedono gli stessi elementi: la presentazione della malattia, l’incontro con Gesù, l’invocazione del nome di Gesù da parte del malato, la guarigione, la reazione dei presenti.

Alcune pagine sono costruite sul modello del cammino di fede, come Gv 4 e Gv 9.

In queste pagine gli interlocutori di Gesù compiono un vero e proprio cammino alla scoperta del mistero di Cristo. La loro progressione si riscontra nei titoli che attribuiscono a Gesù.

La donna samaritana chiama Gesù giudeo, signore, profeta, messia.

Il cieco guarito chiama Gesù uomo, profeta, Signore.

Ci sono pagine costruite sul modello dell’immersione battesimale, come Lc 24: i due discepoli tornano a casa delusi per la morte di Gesù; lungo il cammino ascoltano la spiegazione delle Scritture da parte del viaggiatore che li accompagna; lo invitano a tavola; lo vedono benedire e spezzare il pane; lo riconoscono; tornano di corsa a Gerusalemme per rendere la loro testimonianza.

Per cogliere queste strutture, non è necessario essere degli specialisti. È necessaria una grande familiarità con le SS. Scritture e la familiarità con le Scritture si acquista soltanto leggendo ogni giorno la Bibbia.

  1. Meditatio

Il secondo passo della Lectio divina è la Meditazione.

Se con la lettura cerchiamo di mettere a fuoco il significato storico-letterale del testo, con la meditazione cerchiamo di afferrare quello che il Signore vuol dire a noi, ora, attraverso quel testo.

Il punto di riferimento ideale per la nostra meditazione è Maria, della quale l’evangelista Luca dice: Serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore (Lc 2, 19).

Maria conservava parole e fatti nel suo cuore e li confrontava tra di loro, perché potessero chiarirsi gli uni gli altri.

Alla luce dell’esempio di Maria e della tradizione ecclesiale, indichiamo i momenti nei quali si svolge la meditazione.

Il primo è la Raccolta e consiste nel raccogliere quanto emerge dalla lettura.

Ci può aiutare l’analogia con il lavoro delle api.

In natura, le api operaie volano di fiore in fiore, ne aspirano nettare e lo raccolgono in una cavità che si chiama borsa melaria, nella quale il nettare viene addizionato di enzimi che concorrono alla trasformazione del nettare in miele. Tornate alla loro casa, le api operaie passano il nettare alle prime api che trovano all’ingresso dell’arnia. Queste continuano il processo di trasformazione del nettare e infine stipano quel liquido in apposite cellette.

Abbiamo detto che, con la lettura, cerchiamo la frase principale, il verbo, il senso delle parole chiavi. Questo lavoro di riflessione e analisi suscita ricordi, evoca paralleli. Laddove la nostra memoria si ferma, dobbiamo raccogliere il frutto. È evidente che i frutti corrispondono con le nostre capacità, con la nostra familiarità con le SS. Scritture.

Il secondo momento è la cosiddetta Ruminazione e consiste nel custodire la parola letta.

Anche qui può esser utile l’analogia con il processo naturale della ruminazione.

In natura, la ruminazione è un riflesso mediante il quale i ruminanti rigurgitano in cavità orale materiale vegetale solido grossolanamente frammentato durante l’ingestione primaria, lo triturano finemente grazie ai movimenti a molla della mandibola, lo insalivano e nuovamente lo ingurgitano, allo scopo di favorire le reazioni fermentative operate dai microrganismi nei prestomaci.

Analogamente, nel secondo momento della meditazione, dobbiamo ruminare la Parola, cioè custodirla nel cuore, circondarla di attenzione e affetto, consentirle di macerare in noi.

Il terzo momento della meditazione è il Discernimento e consiste nel confrontare la Parola, che abbiamo accolto e ruminato, con la nostra vita.

La luce che emana dalla Parola mette in evidenza le nostre opere, la nostra condizione di vita: è come una spada luminosa che ci attraversa.

Questa luce può durare un istante, come un lampo, oppure può essere stabile. In ogni caso, grazie al discernimento, la Parola arriva ad interpellare la nostra libertà.

  1. Oratio

Il terzo passo della Lectio divina è la preghiera.

Se nelle fasi precedenti è determinate il nostro impegno a leggere, capire, raccogliere, ruminare e discernere, quelle che seguono dipendono piuttosto dalla Sapienza e dalla Libertà di Dio.

Quando la luce che si sprigiona dalla Parola interpella la nostra libertà, allora comincia la preghiera.

A volte la Parola di Dio è come una spada di luce che ci raggiunge e mette a nudo la nostra fragilità, il nostro peccato.

È l’esperienza che il profeta Isaia fa al momento della sua vocazione (5).

È anche l’esperienza di coloro a cui Pietro annuncia il vangelo il giorno di Pentecoste (6).

Grazie alla luce della Parola, prendiamo coscienza della nostra condizione e della necessità di intraprendere un cammino di conversione.

Questo genere di preghiera, detta anche Oratio compunctionis, può permanere nel tempo finché non superiamo la nostra situazione di peccato.

Nella misura in cui progrediamo nel nostro cammino di conversione, la luce che promana dalla Parola ci pone invece davanti ad una sostanziale fedeltà verso il Signore, anche alla presenza dei nostri fallimenti e peccati che sempre ci accompagnano.

La preghiera di compunzione o dolore sfocia facilmente nella Preghiera di supplica: più diamo tempo alla Parola e più la Parola ci muove dall’interno e noi sentiamo l’urgenza di cambiare vita.

È stata anche l’esperienza di S. Teresa d’Avila che, a un certo punto della sua vita, disse: O smetto di pregare o cambio vita!

Sul dolore per i nostri peccati comincerà a prevalere la fiducia nella forza della misericordia di Dio.

Per quanto gravi siano le conseguenze dei nostri peccati, il peccato non sarà mai l’ultima parola della nostra vita che, invece spetta all’amore di Dio per noi.

Al culmine di questa fase, c’è la Preghiera di ringraziamento e di lode.

Questa preghiera nasce dalla consapevolezza che la nostra vita è nelle mani di Dio.

L’esperienza della misericordia di Dio e la convinzione di aver superato col suo aiuto la nostra debolezza ci rendono più maturi, più coscienti del dono da offrire al Signore, più liberi di esprimergli la nostra lode.

  1. Contemplatio

Il quinto gradino della Lectio divina è la contemplazione.

La luce che promana dalla Parola ci interpella, suscitando il senso del nostro peccato, muovendoci ad avanzare nel cammino di conversione, purificando sempre più il nostro cuore.

La contemplazione è il culmine della comunione che possiamo raggiungere con Dio sulla terra. Contemplare vuol dire vedere e non possiamo vedere se il Signore non si fa vedere, se i nostri occhi sono impediti a vedere.

Nella lunga tradizione della chiesa ci sono almeno due modi di intendere la contemplazione.

Uno è il gusto di un’esperienza ineffabile in cui gli istinti naturali sono superati e assorbiti dall’anima al punto che la carne in nulla contraddice lo spirito e l’uomo diventa completamente spirituale(Guigo il certosino).

Tale modo di intendere la contemplazione, come ritorno ad una condizione paradisiaca, comporta il rischio di una certa chiusura in se stessi e della conseguente trascuratezza o dimenticanza di ciò che avviene nel mondo e nella storia degli uomini.

Un altro modo di intendere la contemplazione è in linea col mistero dell’Incarnazione.

Il Verbo si è fatto carne e ha trovato il modo più adatto per incontrare e parlare agli uomini.

La contemplazione è allora quella luce che proviene dall’incontro con la Parola e ci permette di scoprire la presenza del Verbo incarnato all’interno del mondo e della storia.

Il contemplativo non è allora colui che torna al Paradiso, dimentico delle cose della terra. È piuttosto colui che è pieno della Parola al punto che riesce a riconoscerne la presenza in ogni realtà, anche là dove altri vedono solo male e peccato.

Egli ha permesso alla Parola di scendere nell’abisso della sua anima, di prenderlo per mano e di guidarlo fino all’esperienza della Pasqua, intesa come nascita dell’uomo nuovo conformato alla Parola di Dio.

Il contemplativo porta buone notizie e perciò può aprire gli occhi agli uomini, prenderli per mano e guidarli verso Colui che è la pienezza della storia.

Educato alla scuola della Parola, il contemplativo guarda tutto nella luce del mistero del Verbo incarnato, crocifisso e risorto.

Questo è il punto di arrivo della Lectio divina: una rigenerazione, una trasfigurazione della nostra umanità che diventa capace di vedere, udire, gustare in modo nuovo.

Trasformati al punto da vedere ovunque la presenza della Parola, i contemplativi sono i veri missionari cristiani, perché sono in grado di indicare anche ad altri la strada che hanno percorso nella luce e nella forza della Parola.

Note

  • Catechesi rivolta ai catechisti dell’Iniziazione cristiana della Parrocchia Maria SS. Assunta di Vernole (LE). La catechesi prende spunto dall’esperienza di Innocenzo Gargano, così come viene descritta nel libro G. I. Gargano, Iniziazione alla Lectio divina, EDB, Bologna, 2019.
  • La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele acquistò autorità poiché il Signore era con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole (1 Sam 3, 3-10).
  • Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Il Signore gli disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazaèl come re di Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di Nimsi, come re di Israele e ungerai Eliseo figlio di Safàt, di Abel-Mecola, come profeta al tuo posto (1 Re 19, 11-16).
  • cf. EG 152.
  • Nell’anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!Tutta la terra è piena della sua gloria».Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:«Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti». Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse: «Ecco, questo ha toccato le tue labbra, perciò è scomparsa la tua colpa e il tuo peccato è espiato». Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». Ed io risposi: «Eccomi, manda me!»(Is 6, 1-8).
  • Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso». All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, fratelli?». E Pietro disse loro: «Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro» (At 2, 36-39).

 

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