Lectio XXIV Domenica A

Mt 18, 21ss

 

 

Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?. Alla proposta, pur generosa, di Pietro fa riscontro la risposta di Gesù che non mette limiti al perdono: Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

In questo modo Gesù rivela le infinite risorse di misericordia, che il Regno di Dio può generare nel cuore degli uomini.

 

Al dialogo segue la parabola del servo spietato, articolata in tre momenti.

Nel primo entra in scena un servo che deve al suo re diecimila talenti, una somma incalcolabile, un debito che non potrà mai restituire.

Egli si appella alla pazienza del suo creditore, che ha deciso di venderlo con la sua famiglia e i suoi averi: Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.

Colpito alle viscere, il re gli condona il debito.

 

Nel secondo momento il servo che ha ricevuto l’insperato condono trova un collega che gli deve cento denari, una somma consistente, ma risarcibile anche senza ricorrere alla prigione.

Il debitore si appella alla pazienza del suo creditore, ma questi, che pure ha fatto l’esperienza della pazienza del re, non sente ragioni e lo fa gettare in carcere.

 

Nel terzo momento il re viene informato dagli altri servi, addolorati per l’accaduto: convoca l’uomo spietato e lo rimprovera per la sua malvagità: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?.

Alla fine, mosso all’ira, dà quell’uomo in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.

 

Nel racconto risalta il contrasto tra l’agire del re che, per compassione, condona un debito insolvibile e l’agire del servo che impietosamente ricorre alla massima pena per un debito che non la giustifica.

L’evangelista ne trae una lezione per la sua comunità e per i cristiani di ogni epoca: in Gesù si rivela il perdono di Dio, atteso per i tempi messianici; il perdono ricevuto da Dio è la ragione e il modello del perdono che deve caratterizzare i rapporti tra i fratelli.

Tale prassi deve scaturire da un cuore trasfigurato dall’esperienza del perdono di Dio.

 

Gesù conclude: Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi se non perdonerete di cuore al vostro fratello.

Tutta la vita dell’uomo perdonato è sottoposta al giudizio di Dio che ci ama per primo. Ne deriva che ognuno è fin da ora giudicato secondo il suo modo di accogliere e condividere col fratello il perdono ricevuto dal Padre.

Il giudizio è questo: rifiutando di condividerla con i fratelli, impediamo alla misericordia di Dio di prendere corpo in noi stessi e nella comunità di cui facciamo parte.

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