Lc 12, 32ss
Nel vangelo di questa domenica troviamo tre inviti e due parabole.
Il primo invito è a superare ogni inquietudine: Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno.
Gesù rivela ai discepoli l’amore del Padre che è arrivato al punto di dare loro il suo Figlio, il suo Regno, e li invita a sperimentare la paternità di Dio nella loro vita quotidiana.
Il secondo invito è a praticare l’elemosina: Vendete ciò che avete e datelo in elemosina.
Per Gesù i beni materiali non sono un fine a cui sacrificare i grandi valori, ma sono un mezzo per costruire la famiglia di Dio, una fraternità in cui nessuno manca del necessario.
Per questo suggerisce ai discepoli di praticare l’elemosina come via per costruire un mondo più giusto.
Il cuore dell’uomo è fatto per il cielo, per la vita con Dio, e sarebbe una stortura legarlo a beni che si consumano.
Prima ancora di morire e risorgere, Gesù sa che tornerà nella sua gloria per radunare gli eletti nel Regno del Padre. Per questo invita i discepoli a vivere bene il tempo dell’attesa: Siate pronti, con le cinture ai fianchi e le lampade accese.
I discepoli devono essere pronti ad accoglierlo in qualunque momento Egli decida di venire loro e gratificarli con la sua visita.
La tenuta da lavoro e le lampade accese per tempo descrivono l’animo con cui i discepoli devono vivere il tempo dell’attesa.
A quanti vivono così Gesù promette la Beatitudine che è la vera felicità.
La felicità di cui parla Gesù non consiste nella sicurezza che deriva da ciò che si possiede in questo mondo, ma dalla fede in Dio e dalla piena comunione con lui.
Poi Gesù paragona la sua venuta a quella di un ladro e dice: Il Figlio dell’Uomo verrà nell’ora che non pensate.
La venuta di Gesù è imprevedibile, come quella di un ladro.
Se avremo attaccato il cuore ai beni terreni, la vivremo come un furto. Se, invece, l’avremo attesa, la vivremo come il compimento di un grande desiderio.
A Pietro che gli chiede: Signore, questa parabola la dice per noi o anche per tutti?, Gesù racconta
la parabola dell’amministratore: l’invito a tenersi pronti vale per tutti, ma in particolare vale per coloro ai quali è affidata la responsabilità di distribuire a tempo debito la misura di frumento.
L’amministratore fedele e saggio, che avrà agito secondo la volontà di Dio, è proclamato beato, perché potrà partecipare alla gioia e alla vita di Dio.
Al contrario, l’amministratore infedele, che approfittando del ritardo del Signore, avrà abusato del suo ruolo, va incontro ad una punizione degna del suo tradimento.
Tenersi pronti vuol dire quindi essere fedeli alla missione ricevuta.
Beati quei sevi che il padrone, al ritorno, troverà ancor svegli:passerà a servirli.
Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro: lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
In queste due beatitudini ritroviamo il senso della nostra vita.
Vivere è attendere il ritorno del Signore; vivere è, ancora, portare a termine la missione che abbiano ricevuto.
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