Pasqua

Mc 16, 1ss

 Il giorno della morte di Gesù due uomini, Giuseppe di Arimatea e Nicodemo, si erano presi cura della sua sepoltura: le donne, che avevano seguito Gesù dalla Galilea, avevano osservato come era morto e come era stato sepolto.

Passato il sabato, esse vogliono entrare dentro e perfezionare la sepoltura di Gesù: Chi ci rotolerà via la pietra?, è la loro preoccupazione.

Giunte al sepolcro, alzano lo sguardo e vedono che la pietra è già stata rimossa: entrano nel sepolcro e trovano non la salma di Gesù, ma un giovane seduto alla destra, vestito d’una veste bianca.

Il modo in cui l’evangelista descrive il giovane ricorda l’episodio in cui, al momento dell’arresto di Gesù, un giovane vestito di un lenzuolo, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo (Cf. Mc 14, 51).

Alla vista del giovane, le donne sono prese da sgomento: non si aspettavano niente di tutto questo.

Il giovane prende la parola per rassicurarle: Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto.

Sulla sua bocca risuona l’annuncio della chiesa primitiva: Gesù è risorto!, non c’è spazio che possa trattenere la sua presenza.

 Dopo aver rassicurato le donne, il giovane affida loro un incarico: Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto.

Come prime testimoni della risurrezione, esse devono ricordare ai discepoli le parole dette da Gesù prima della sua morte e consentire loro di incontrarlo.

Ma le donne non sono in grado di mantenere la consegna del giovane: fuggono via dal sepolcro e si chiudono nel  silenzio, forse perché avvertono il peso della responsabilità.

 Il Vangelo di Marco (prima conclusione) si chiude in modo paradossale: lungo tutto il suo ministero, Gesù aveva raccomandato il silenzio sulla sua persona e ora che è arrivato il momento di dire chi Egli è veramente, i testimoni della sua resurrezione non sono in grado di trasmettere l’annuncio pasquale.

Così, dopo la fuga delle donne, i lettori rimangono a tu per tu con il giovane vestito d’una veste bianca e seduto alla destra: questo giovane è lo stesso evangelista.

Il suo annuncio e il suo mandato sono affidati proprio a loro, cioè a noi: È risorto, non è qui. Ora andate e dite ai suoi discepoli che vi precede in Galilea.

 La Galilea è il luogo del primo incontro, dove tutto è cominciato. Gesù ci precede in Galilea, per rinnovare la sua chiamata a seguirlo, per aiutarci a ripartire dai nostri fallimenti, per tracciare sentieri nuovi dentro le nostre sconfitte.

Le donne erano andate al sepolcro per onorare il corpo di Gesù: Andare in Galilea è riconoscere di avere sbagliato strada, è rimettersi in cammino con l’umiltà di chi si lascia sorprendere da Dio.

La Galilea è, infine, la terra della nostra vita quotidiana. Andare in Galilea  vuol dire quindi scoprire che il Signore ci precede proprio nella vita di chi ci passa accanto, si rende presente nel volto dei fratelli: nell’entusiasmo di chi sogna, nella rassegnazione di chi è scoraggiato, negli uomini e nelle donne che sono messi ai margini.

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