Gv 6, 51ss

Alla fine del suo lungo discorso sul pane della vita, Gesù annuncia il dono dell’Eucaristia: Io sono il pane vivo disceso dal celo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo.

Come Parola fatta carne, Gesù è il pane vero, capace di trasmettere la vita che è in Lui, dato da Dio agli uomini, perché ne mangino, lo accolgano nella fede e, così, abbiano la vita.
Ora Gesù annuncia che Egli stesso darà la sua carne per la vita del mondo.
Gesù dunque non è solo il Mediatore del Padre: è anche l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo, il trafitto da cui fluirà per gli uomini una sorgente di vita e benedizione.
La morte e risurrezione di Gesù renderanno possibile la partecipazione eucaristica alla sua carne.

Di fronte alla comprensibile ripugnanza dei farisei, Gesù non indietreggia, anzi: aggiunge la nota ancor più ripugnante del bere il suo sangue.
Tale insistenza sulla realtà della sua carne e del suo sangue, non arriva però al punto da attribuire un potere magico al ricevere la sua carne e il suo sangue: la promessa della vita è in linea col discorso precedente che insisteva sulla necessità della fede in Gesù.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Mangiare la carne del Figlio dell’Uomo nel sacramento dell’Eucaristia vuol dire ricevere, fin da ora, la vita eterna e questa vita è il pegno della risurrezione finale.

Chiunque mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me ed io in lui.
La vita eterna di cui parla Gesù è essere in stretta comunione con Lui: si tratta di una relazione di presenza interiore, analoga a quella che unisce Gesù al Padre suo.
Questa compresenza reciproca senza diminuzione di personalità non ha analogie nell’esperienza umana.

Come il Padre che ha la vita ha mandato me e io vivo per il Padre, così colui che mangia di me vivrà per me.
Il Padre è il Vivente, perché ha la vita in sé. Il Figlio vive per il Padre, perché il Padre gli ha dato di avere la vita in sé.
In analogia con questa trasmissione della vita dal Padre al Figlio, anche il Figlio dona la vita a chi lo riceve nell’Eucaristia, accogliendolo nella vita di Dio, nella comunione che esiste tra Padre e Figlio.

Così, mentre i Vangeli sinottici ricordano l’istituzione dell’Eucaristia, Giovanni preferisce spiegare che cosa l’Eucaristia fa per il cristiano: realizza la reciproca inabitazione di Dio e del cristiano, segno della nuova alleanza.

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