IV Domenica di Pasqua

Gv 10,1ss

Dopo la guarigione del cieco nato, Gesù si era rivelato come la luce del mondo, come Colui che dona al mondo la luce della fede.
Ora, proprio a quei farisei, che si erano ostinati nella presunzione di vedere, Gesù parla in similitudini, con l’intenzione di aprirsi un varco nel loro cuore.

La similitudine del pastore era familiare a Israele, perché i profeti l’avevano usata per descrivere il rapporto di Dio con il suo popolo.
A differenza dei ladri, il pastore entra nel recinto delle pecore attraverso la porta aperta dal guardiano. A differenza degli estranei, il pastore conosce le sue pecore, le chiama per nome, le conduce fuori dal recinto e si mette a camminare davanti a loro, per indicare la via dei buoni pascoli.

E le pecore conoscono la voce del pastore, si fidano di lui, lo seguono sulle strade che egli apre davanti a loro. Un estraneo invece non lo seguiranno, perché non conoscono la voce degli estranei.

La similitudine del pastore fa subito pensare alla vicenda del cieco guarito che i farisei avevano cacciato dalla sinagoga e che Gesù aveva accolto nel gruppo dei suoi discepoli: Gesù lo ha guarito e guidato alla luce della fede ed egli si fida di Gesù e lo segue sulla via della vita. Ma i farisei mantengono il loro atteggiamento e non vogliono ricredersi.

Di fronte alla loro incomprensione, Gesù insiste.
Prima dice: Io sono la porta delle pecore: la porta che i pastori devono attraversare per accostarsi alle pecore, la porta che esclude ogni altra possibilità di accesso alle pecore, come l’inganno e la violenza.

Poi dice: Io sono la porta: l’unica porta che conduce tutti alla salvezza, l’unico che offre alle pecore e ai pastori ciò di cui hanno bisogno per vivere: la comunione con Dio.

Gesù infatti non viene in nome proprio, come un ladro o un brigante, per rubare, uccidere e distruggere: viene nel nome del Padre, perché chiunque crede in lui non venga distrutto, ma abbia la vita e l’abbaia in abbondanza.

Io sono la porta delle pecore, dice Gesù a quelli che chiama a svolgere un ministero nella chiesa.
Per servire bene i fratelli, dobbiamo conoscere la potenza della morte e risurrezione di Gesù. Per servire i fratelli nel nome di Gesù, dobbiamo lasciarci configurare a Lui nella verità e nell’amore.

Io sono la porta, dice Gesù ai pastori e ai fedeli: non c’è nessun altro all’infuori di Lui, che ci riveli il Padre, che ci guidi al Padre. Nei momenti in cui la monotonia e lo sconforto possono indurci a cercare altrove noi stessi, il senso della nostra vita, Gesù ce lo ripete: Io sono la porta!.
Credendo in Gesù, accogliendo la sua Parola, riceviamo lo Spirito che ci dà la vita nuova nella comunione col Padre.

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