Gv 10,1ss
Dopo la guarigione del cieco nato, Gesù si era rivelato come la luce del mondo, come Colui che dona al mondo la luce della fede.
Ora, proprio a quei farisei, che si erano ostinati nella presunzione di vedere, Gesù parla in similitudini, con l’intenzione di aprirsi un varco nel loro cuore.
La similitudine del pastore era familiare a Israele, perché i profeti l’avevano usata per descrivere il rapporto di Dio con il suo popolo.
A differenza dei ladri, il pastore entra nel recinto delle pecore attraverso la porta aperta dal guardiano. A differenza degli estranei, il pastore conosce le sue pecore, le chiama per nome, le conduce fuori dal recinto e si mette a camminare davanti a loro, per indicare la via dei buoni pascoli.
E le pecore conoscono la voce del pastore, si fidano di lui, lo seguono sulle strade che egli apre davanti a loro. Un estraneo invece non lo seguiranno, perché non conoscono la voce degli estranei.
La similitudine del pastore fa subito pensare alla vicenda del cieco guarito che i farisei avevano cacciato dalla sinagoga e che Gesù aveva accolto nel gruppo dei suoi discepoli: Gesù lo ha guarito e guidato alla luce della fede ed egli si fida di Gesù e lo segue sulla via della vita. Ma i farisei mantengono il loro atteggiamento e non vogliono ricredersi.
Di fronte alla loro incomprensione, Gesù insiste.
Prima dice: Io sono la porta delle pecore: la porta che i pastori devono attraversare per accostarsi alle pecore, la porta che esclude ogni altra possibilità di accesso alle pecore, come l’inganno e la violenza.
Poi dice: Io sono la porta: l’unica porta che conduce tutti alla salvezza, l’unico che offre alle pecore e ai pastori ciò di cui hanno bisogno per vivere: la comunione con Dio.
Gesù infatti non viene in nome proprio, come un ladro o un brigante, per rubare, uccidere e distruggere: viene nel nome del Padre, perché chiunque crede in lui non venga distrutto, ma abbia la vita e l’abbaia in abbondanza.
Io sono la porta delle pecore, dice Gesù a quelli che chiama a svolgere un ministero nella chiesa.
Per servire bene i fratelli, dobbiamo conoscere la potenza della morte e risurrezione di Gesù. Per servire i fratelli nel nome di Gesù, dobbiamo lasciarci configurare a Lui nella verità e nell’amore.
Io sono la porta, dice Gesù ai pastori e ai fedeli: non c’è nessun altro all’infuori di Lui, che ci riveli il Padre, che ci guidi al Padre. Nei momenti in cui la monotonia e lo sconforto possono indurci a cercare altrove noi stessi, il senso della nostra vita, Gesù ce lo ripete: Io sono la porta!.
Credendo in Gesù, accogliendo la sua Parola, riceviamo lo Spirito che ci dà la vita nuova nella comunione col Padre.
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