di Maurizio Rame

Di preti ne ho conosciuti tanti, parecchi  buoni, taluni santi, nel calderone anche alcuni meno buoni, e,  raramente, ma ho incontrato anche quelli che, malvagi in fondo al cuore, si spacciavano per santi.

Come tutti gli uomini, diresti. E va bene, come tutti gli uomini.

Io però sono cresciuto con due modelli sacerdotali che, mi dispiace per gli altri, hanno pesato sul giudizio di tutti i restanti.

Il primo é un certo padre Francis Chisholm, il protagonista di un romanzo di Cronin dal titolo Le chiavi del regno, un prete scozzese dalla scorza dura ma dal cuore grande, forse non proprio il massimo né della simpatia né dell’ortodossia, ma per nulla perso dietro le questioni  ideologiche e le dispute sui massimi sistemi,  di poche parole ma sempre pronto ad aiutare chi ha bisogno, sempre lucido nell’individuare la vera via del bene. Mi piacerebbe se nascesse in chi legge la curiosità di conoscerlo meglio, magari nella versione cinematografica. Il film (Le chiavi del paradiso) è datato (1944) ma bellissimo, e ci riporta un Gregory Peck irresistibile; il romanzo di Cronin (1942), se possibile,  ancora più bello.

Il secondo è don Sandro, il protagonista di 35 anni della nostra storia, della mia storia. Tempra molto simile a quella di padre Chisholm, per tantissimi aspetti, con una differenza, tuttavia: don Sandro è figura reale, appartiene alle realtà non balza fuori dalle pagine di un romanzo, non è personaggio di fantasia, pure credo che la fantasia dello scrittore ne sarebbe rimasta fortemente impressionata se  l’avesse conosciuto.

Io che l’ho avuto accanto, presenza sempre fortemente discreta, negli anni dell’infanzia, dell’adolescenziale, della giovinezza e poi della maturità, ho sempre apprezzato l’uomo, non ho mai pensato di avere un santo accanto. Non era alla santità che ti faceva pensare vederlo agire, pensare, decidere, soffrire, gioire. Il santo lo consideri sempre troppo lontano da te. Così perfetto nella sua lontananza da te da sentirsi quasi autorizzati a lasciarlo andare per la sua strada. Lui no, lui era normale, lui era come te, e per questo non avevi scampo. ‘Se lo fa lui’, eri costretto a dirti, ‘vuol dire che si può fare!’! Ultimamente credo che lo abbiamo elevato ad un rango che lui non avrebbe gradito. Se l’ho conosciuto bene, credo che sia l’uomo che ci chieda di apprezzare e imitare insieme al prete, più che il santo.  Io che cosa ho imparato da lui? Che si può vivere senza compromessi, che ai soldi occorre dare il giusto peso, che tutti gli uomini hanno uguale dignità, che il cristianesimo si vive ogni momento della vita,  che la dimensione dell’uomo è in quello che è, in quello che fa, non in quello che appare, che non basta l’adesione ad un’idea, l’appartenenza ad uno schieramento per rendere un uomo di valore. E tanto altro, tantissimo altro! E , se osservo bene, sono ideali di una humanitas cui il messaggio evangelico dà compimento, ma che parte da molto,  molto da lontano. Veglie notturne, estenuanti digiuni, sovrumani sacrifici, pellegrinaggi debilitanti, privazioni   e pratiche di castigo? Fai pure, se vuoi! Tuttavia non è lì l’essenziale. L’essenziale è fare una scelta (lui quella del sacerdozio, tu quella del matrimonio, un altro quello di altre scelte religiose o laiche che siano, con tutto quello che in termini di diritti e doveri, morali, non legali, che tale scelta implica!) e durare una vita per restargli fedele;  è dormire in una stanza semplicissima, sedersi a mangiare ad una tavola frugalissima, vestire semplice, essere semplice in tutto. Non dite di lui “Ha manovrato tanti, tantissimi soldi… il denaro non gli rimaneva attaccato alle mani”! Sembrerebbe che appropriarsi del denaro altrui sia quasi la normalità e lui l’eccezione. No, se gli fossi cresciuto accanto avresti compreso anche tu che essere onesti è normale, nel poco e nel molto, essere semplici è facile, essere parchi, puri, rispettosi è possibile. Non mi sono mai sentito così felice come quando mi sedevo sul suo salottino di finta pelle rossa che vedevo vecchio, ma che ero certo che non fosse stato mai nuovo, a parlare di tutto , a programmare attività semplici ma utili a tutti; tanto vicino a Dio quanto in quegli ultimi giorni in cui, a noi amici più vicini al suo cuore, dispensava le ultime pillole di saggezza, confidava programmi che poi non avrebbe mai realizzato, testimoniava quanto ci aveva e vi aveva amato.

Ti vorremo bene per sempre, caro amico, padre e fratello  don  Sandro.

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