Mt 25, 31ss
Quella del giudizio finale è l’ultima parabola raccontata da Gesù nel suo ministero: l’ultima parola che Gesù rivolge ai discepoli prima della Passione.
Con immagini ed espressioni ispirate agli antichi profeti, Gesù annuncia quello che accadrà alla fine: non per appagare la curiosità dei discepoli né per incutere loro paura, ma per rivelare qual è la volontà di Dio e come essi possono e devono vivere il tempo dell’attesa.
Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria.
La scena del giudizio e i titoli attribuiti al giudice sottolineano la sua dignità: viene come Figlio dell’Uomo; pronuncia il giudizio come Re; agisce come Figlio di Dio; viene riconosciuto da tutti come Signore.
Davanti a Lui sono convocate tutte le genti, cioè tutti gli uomini della storia, perché Egli possa discernere ciò che ogni singolo uomo è davanti a Lui.
Dopo il discernimento, il giudice opera la separazione ed emette due brevi sentenze basate su un criterio da Lui stesso stabilito: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo.
I benedetti del Padre ricevono in eredità il Regno, mentre gli altri ne vengono esclusi.
Il criterio della sentenza è il comportamento assunto nei confronti del Figlio dell’Uomo: Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare.
Tutti restano meravigliati per questo criterio e chiedono al giudice quando lo abbiano incontrato e quando lo abbiano o no aiutato.
Nella sua risposta il giudice rivela una dimensione nascosta in ogni singolo incontro quotidiano: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me.
Gesù si identifica con tutti coloro con cui ciascuno ha avuto a che fare nella sua vita.
Tale solidarietà con i più piccoli non dipende dalle loro qualità né dalle intenzioni di chi li aiuta: è un dato obiettivo che carica di valore decisivo ogni gesto di accoglienza o rifiuto nei loro confronti.
Il giudice menziona alcuni bisogni elementari: porta solo alcuni esempi e non vuole fornire un elenco completo. Non chiede niente di impossibile, ma dono e aiuto secondo le forze di ciascuno.
Si trattava solo di aver un cuore aperto e compassionevole, di riconoscere il bisogno del più piccolo e impegnarsi per lui.
Ogni impegno disinteressato di aiuto, servizio, incoraggiamento, rivolto al più piccolo, è fatto a Gesù e viene riconosciuto da Lui.
Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (S. Giovanni della Croce).
La nostra salvezza si decide già oggi nei nostri rapporti quotidiani con i più piccoli, segno concreto della venuta del Figlio dell’Uomo.
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