Lc 16, 19ss
Nella parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, Gesù mette in scena un uomo ricco, che vive nel lusso, e un povero che non ha nulla se non un nome che infonde speranza: Lazzaro, che significa Dio è il mio aiuto. Lazzaro mendica all’ingresso della casa del ricco, bramoso di sfamarsi di quanto cadeva dalla tavola del ricco, ovvero delle molliche usate dal ricco per pulirsi le mani tra un piatto e l’altro.
Gesù non fa cenno alle qualità morali dei due: si limita a descrivere con cura la situazione in cui si trovano.
Al momento della morte, Lazzaro riceve un posto d’onore al banchetto celeste: accanto ad Abramo. Quando muore l’uomo ricco, viene sepolto e si trova negli inferi, in un luogo di tormento, dal quale può comunque vedere Abramo e Lazzaro accanto a lui.
Il rovesciamento della situazione terrena sembra automatico, ma, anche alla luce del dialogo successivo, si capisce che i due personaggi esprimono una scelta di vita, che si ripercuote nel loro comportamento sociale.
A questo punto della parabola, Gesù racconta un dialogo drammatico tra il ricco e il patriarca Abramo: tre richieste incalzanti che vengono puntualmente disattese.
Dapprima il ricco chiede ad Abramo di avere pietà di lui e di mandargli Lazzaro ad alleviare un poco le sue sofferenze. Abramo gli risponde che un abisso, un limite invalicabile fissato da Dio, impedisce qualunque comunicazione in un senso e nell’altro.
Il ricco incalza Abramo e gli chiede di mandare Lazzaro ad ammonire i suoi fratelli ancora in vita, perché non facciano la sua stessa fine. Abramo gli ricorda l’ammonimento sempre valido contenuto nella Scrittura: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. Tutti possono conoscere l’insegnamento necessario e sufficiente per conoscere la volontà di Dio ed entrare nel seno di Abramo.
Il ricco insiste nella sua richiesta, ma Abramo gli rivolge il suo terzo ed ultimo rifiuto: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi. Per convertirsi, non servono segni straordinari: basta un cuore docile, disposto ad ascoltare Dio che parla nelle Scritture e ad obbedire al suo insegnamento.
Nella parabola di Gesù risuona un forte invito a convertirsi, a condividere il cammino di obbedienza e misericordia, in cui Egli precede i suoi discepoli andando Gerusalemme.
Come quella dell’amministratore scaltro, anche questa parabola sottolinea l’importanza del comportamento assunto in terra di fronte al fratello: per non aver mosso un dito a favore di Lazzaro, il ricco si trova in un luogo di tormento, separato per sempre dagli amici di Dio.
A distanza di duemila anni, Gesù continua a smascherare la realtà del nostro mondo: ancor oggi c’è un abisso di egoismo e indifferenza, che separa quelli che vogliono stare sempre meglio e quelli che stanno sempre peggio. Ma l’ultima parola sulla nostra storia è di Dio.
Lazzaro vuol dire Dio è il mio aiuto. Dio non è indifferente: rompe le barriere, attraversa le porte, apre nuove vie, per avvicinare i poveri e aiutarli.
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